Volontà
Gran parte dei brani sinfonici e cameristici composti da Gesualdo Coggi sono costruiti intorno a particolari significati come, ad esempio, la fantasia “L’eterno fascino”, nella quale il maestro affronta il significato del mistero della morte, oppure il poema sinfonico “Risplende il dì” in cui prevale l’esaltazione della luce, o ancora il quadro sinfonico “Meriggio ideale” e la fantasia “Giubileo 2000”. Ebbene, nel concerto Volontà scritto nel 1951 il compositore si spoglia da questo modo di procedere e si lascia trascinare non solo dalla spontaneità ma anche dalla conoscenza e dalla passione che nutriva per il clarinetto. Del resto, non possiamo dimenticare che il nostro compositore è stato anche clarinettista, per cui, è soprattutto la profonda conoscenza del clarinetto che porta Coggi a realizzare un brano dalla struttura essenziale e trasparente, proprio per evidenziare e far emergere le peculiarità del clarinetto. E così, nel suadente andante incastonato nell’esposizione, possiamo apprezzare la morbidezza del suono e l’espressività del clarinetto mentre, nel tema con variazioni, vengono esaltate la duttilità e le infinite possibilità tecniche che lo strumento offre e che, come in un crescendo rossiniano, coinvolgono e impegnano di variazione in variazione la parte solistica.
E’ soprattutto quest’ultima caratteristica che fa sì che Volontà possa essere considerato un ottimo banco di prova per i clarinettisti che desiderano mettere in luce le proprie abilità e capacità interpretative. Tutto ciò emerge anche da pareri di grandi clarinettisti del passato come, ad esempio, Agostino Gabucci, insigne didatta e autore di diversi metodi e brani per clarinetto, il quale nel 1964 scrive a Gesualdo Coggi e dice: “…il concerto Volontà è scritto con competenza tecnica e musicale, onde il clarinettista possa sfoggiare tutte le doti istrumentistiche.” Per questo non è affatto pretenzioso definire Volontà ottimo banco di prova.